Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

“Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”

07/10/2021 01:00

ENZO BIANCHI

Conferenze 2021,

“Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”

ENZO BIANCHI

di Enzo Bianchi

Noi cristiani dobbiamo fare un ulteriore passo avanti nella comprensione della giustizia e nel cammino di umanizzazione. È stato il beato Giovanni Paolo II a farci il dono di aprire il cammino alla comprensione di come sia possibile coniugare insieme perdono e giustizia. Nel suo Messaggio per la giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2002 egli ha innanzitutto confessato che, confrontandosi con la Parola di Dio contenuta nelle sante Scritture, era giunto a comprendere che il Vangelo esige che il principio «perdono» sia immanente al principio «giustizia» (Cf. Giovanni Paolo II, Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono 2). Così ha potuto coniare un’affermazione lapidaria, che dà il titolo all’intero suo testo: «Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono». Questo il messaggio annunciato ai cristiani e anche ai non cristiani, messaggio straordinario che osa chiedere a tutti una prassi di perdono affinché sia possibile edificare insieme una polis, una città segnata da giustizia, pace, solidarietà comune.

 

Giovanni Paolo II però non si è fermato qui, ma con forza e audacia ha chiesto che l’esercizio del perdono non avvenga soltanto a livello personale, ma sia una virtù proposta all’intera comunità civile. Così scriveva il papa:

 

«Solo nella misura in cui si affermano un’etica e una cultura del perdono, si può anche sperare in una «politica del perdono», espressa in atteggiamenti sociali e istituti giuridici, nei quali la stessa giustizia assuma un volto più umano».

 

Etica, cultura, politica, atteggiamenti sociali e istituti giuridici, realtà tutte connesse al perdono: questa la risposta vera alle patologie della società, ai conflitti che dividono gli uomini e li contrappongono tra loro. Davvero l’ordine sociale e la costruzione della polis non possono avvenire senza coniugare tra loro giustizia e perdono. In quest’ottica – lo ripeto – è particolarmente necessario situare il perdono anche nell’ambito giuridico: occorre sì arginare e disarmare il colpevole, occorre anche la detenzione per impedirgli di reiterare i delitti; ma nello stesso tempo occorre pensare a una rieducazione, ad apprestare un cammino di umanizzazione e di reinserimento nella società, mostrando anche la possibilità di un perdono, di un condono. Nel contesto politico, già ad Atene, nell’antichità, si conosceva la legge dell’amnistia, con lo scopo della riconciliazione tra partiti politici e della pace nella polis. Quanto al contesto economico, il perdono può essere esercitato con la remissione del debito dei paesi poveri, dando loro la possibilità di un’economia che conosca uno sviluppo.

 

Sì – come ha detto ancora Giovanni Paolo II – il perdono, a livello giuridico, politico ed economico internazionale non è solo un atto che vuole dimenticare un passato che altrimenti potrebbe solo alimentare il conflitto, ma è un atto che apre a un nuovo futuro:

 

«Le famiglie, i gruppi, gli stati, la stessa comunità internazionale, hanno bisogno di aprirsi al perdono per ritessere legami interrotti, per superare situazioni di sterile condanna mutua, per vincere la tentazione di escludere gli altri non concedendo loro possibilità di appello. La capacità di perdono sta alla base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale».

 

Perdonare è prendere coscienza che è necessario rinnovare la comunicazione, la relazione con l’altro, per non negarlo, per non lasciarlo nella condizione di nemico. Si pensi al perdono reciproco che si è attuato tra neri e bianchi in Sudafrica o a quello assolutamente necessario tra ebrei e palestinesi al fine di giungere a una pace vera e duratura.

 

Il cammino del perdono è il cammino dell’umanizzazione, è il cammino di Dio per noi uomini.