Il Blog di Enzo Bianchi

Il Blog di Enzo Bianchi 

​Fondatore della comunità di Bose

Una scelta da rispettare

29/11/2021 13:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2021,

Una scelta da rispettare

La Repubblica

Il monaco laico che ha fondato la Comunità di Bose esprime il sentimento di compassione per malati e famiglie che affrontano il tema del fine vita. "Una compassione che non mi permette di giudicare"

La Repubblica - 29 novembre 2021

 

di Enzo Bianchi

Alcune volte, accanto al letto di un malato grave, terminale o senza possibilità di guarigione, accanto a una persona devastata dalla sofferenza fisica e psichica, ho ascoltato questo gemito, questa invocazione: “Io amo la vita, non ho mai desiderato morire perché vivo l’amore e ricevo amore. Ma il male, il dolore, è troppo forte, e non ce la faccio più a vivere così!”. Non è raro sentire parole del genere, e non si possono ascoltare senza sentire il proprio cuore andare in frantumi, senza provare una profonda pietà. E quando a queste parole si aggiunge la richiesta: “Aiutatemi a morire! Fatemi morire!”, allora il turbamento mi invade, mi scuote, desta in me anche una rivolta nei confronti della nostra condizione umana.

 

Come cristiano, non ho certezze ma ho delle convinzioni che mi vengono dalla fede nelle parole di Gesù. Sono convinto che la vita è un dono di Dio, che sono nato non per caso né per necessità, ma perché nel suo amore e nella sua libertà Dio mi ha voluto e pensato come tutti gli altri esseri umani, che lui ha voluto per avere qualcuno di fronte a sé con cui entrare in comunione e al quale offrire i suoi doni. E se la vita è un suo dono, sono convinto che a lui devo ridarla, affidarla puntualmente venuta l’ora della mia morte, perché la vita umana è una vita a termine. Ho sempre cercato di introiettare il senso del limite che mi porta a riconoscere la mia fragilità e la mia precarietà e mi libera da ogni sentimento di onnipotenza sulla vita e sulla morte. Per questo, spero di poter vivere la mia propria morte dicendo un “Amen” nella pace, ma confesso anche la paura per la possibilità di una morte tra sofferenze fisiche e psicologiche.

 

Di fronte dunque alle situazioni che oggi riguardano molti altri, situazioni nelle quali il fine vita può conoscere accanimenti terapeutici, cure palliative o azioni di eutanasia, il mio primo sentimento è quello di una grande compassione che non mi permette di giudicare, ma mi induce a rispettare le scelte operate dalla coscienza del malato e di quelli che il malato ha voluto coinvolgere nella sua decisione. E non solo provo rispetto, ma anche vorrei offrire l’accompagnamento con gli strumenti umani e cristiani che ho e che il malato richiede e accetta. Ogni esistenza è diversa, ogni vicenda umana ha un tragitto differente, e non possiamo in astratto indicare soluzioni. L’eutanasia, intesa in senso stretto come il procurare la morte a una persona che la richiede, è un’azione contro la vita perché il diritto ad esistere è il diritto fondamentale della persona, fondamento di tutti gli altri diritti. Ma resta vero che tra cure palliative assolutamente necessarie (per ora però ancora poco diffuse in Italia) e che possono avere come effetto secondario l’accelerazione della morte, e l’eutanasia come astensione dalle cure e, a volte, dalla nutrizione c’è una zona grigia non leggibile in modo manicheo.

 

In ogni caso, ognuno di noi, in quanto persona degna di essere rispettata, ha il diritto di essere riconosciuto come soggetto della propria vita, fino alla fine. Ognuno di noi è una persona con relazioni, affetti, desideri, non è soltanto una vita determinata da parametri biologici. E la qualità della vita non è riducibile alla quantità dei giorni!

 

Cristiani e non cristiani siamo fratelli e sorelle soprattutto in questo esito della nostra vita, la morte, che dobbiamo vivere il più possibile nella pace e nella relazione con chi amiamo, non abbruttiti dal dolore, sfigurati dalla malattia e in modo indegno. Non contrapponiamoci sempre con toni perentori che non lasciano posto all’ascolto, alla riflessione, alla pietà. Lo sappiamo: tutti noi vogliamo vivere, ma anche vivere la propria morte