Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

L’arte ebraica, cristiana e islamica guardano il sacrificio di Isacco

15/12/2024 00:00

ENZO BIANCHI

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L’arte ebraica, cristiana e islamica guardano il sacrificio di Isacco

ENZO BIANCHI

L’analisi di Bœspflug su come gli artisti religiosi hanno interpretato uno dei più difficili episodi biblici

La Stampa - Tuttolibri  - 23 novembre 2024

 

di Enzo Bianchi

Lo storico dell’arte François Bœspflugè è tra i migliori specialisti viventi dell’iconografia biblica. Francese di nascita ma negli ultimi anni italiano di adozione, è conosciuto nel nostro paese soprattutto per il suo monumentale capolavoro Le immagini di Dio, Una storia dell’eterno nell’arte (Einaudi 2012). Dopo aver pubblicato singole opere dedicate ai più importanti misteri cristiani nell’arte – l’Annuncio a Maria, il Natale, la Crocefissione di Cristo, la Risurrezione e altri ancora – ci consegna ora una vera perla di arte e Bibbia, di storia delle religioni e teologia, di antropologia e scienze umane. Presentando un episodio biblico che appartiene all’ebraismo, all’islam e al cristianesimo, questa volta si propone un compito difficile e non scontato: come le arti dei tre monoteismi interpretano uno degli episodi più controversi della Sacra Scrittura: il sacrificio di Isacco. In Il sacrificio di Abramo, Nell’Arte dei tre Monoteismi (Editrice Ancora), il patrimonio artistico comune alle tre religioni abramitiche che questo racconto biblico ha prodotto è presentato e analizzato in questo libro per la prima volta nella storia degli studi sull’episodio. È una di quelle opere nelle quali gli occhi divorano contemporaneamente figura e scrittura, mai l’una senza l’altra.

 

François Bœspflug sfodera le qualità di storico dell’arte e teologo che gli hanno fatto percorrere una florido carriera: professore emerito dell’Università di Strasburgo, membro della direzione letteraria delle prestigiose Éditions du Cerf dal 1982 al 1999, titolare della Chaire du Louvre 2010, della Cattedra Benedetto XVI a Ratisbona nel 2013. 

 

Il sacrificio di Abramo racconta quello che appare uno dei comandi più assurdi di Dio ed è presente sia nella Bibbia, nel libro della Genesi al capitolo 22, sia nel Corano in un passo della sura 37(As-Saffat). La tradizione ebraica – a partire dal v. 9: “Abramo … legò (verbo ‘aqad) il figlio Isacco” – ne parla come della “legatura (‘aqedah) di Isacco”, in conformità alla lettera del testo biblico, infatti, Isacco fu legato in preparazione al sacrificio, ma poi non realmente sacrificato. L’Islam lo chiama “legatura di Isacco-Ismale”, mentre la tradizione cristiana nomina questa pagina “sacrificio di Isacco”.

 

Nel racconto biblico della Genesi la narrazione di questo celebre episodio è aperta da una sorta di titolo, un’enigmatica sintesi dell’intero brano: “Dio mise alla prova Abramo” (Gen 22,1), versetto che rimane in sospeso fino all’affermazione dell’angelo: “Ora so che tu temi Dio” (Gen 22,12). Tra queste due estremità si svolge un racconto duro, difficile, forse anche scandaloso, che non si lascia penetrare facilmente. Si tratta di una pagina che necessita innanzitutto di essere compresa e commentata alla lettera. Solo successivamente è possibile discutere alcune tra le interpretazioni di Genesi 22 nella tradizione dei tre monoteismi, tutto ciò senza dimenticare che questo testo, quanto più viene letto e spiegato, tanto più suscita interrogativi e pone in questione la fede di chi crede.

 

Dio chiede ad Abramo di offrire in sacrificio il figlio della promessa, il figlio da lui tanto amato, come dimostrano le insistite annotazioni del testo: “tuo figlio, il tuo unico, che tu ami, Isacco. Quest’uomo, che ha saputo rinunciare ai legami con il suo passato, saprà ora rinunciare anche all’intenso legame con il suo futuro, il figlio Isacco? Abramo si mostra obbediente fino alla fine, ed ecco che il messaggero di Dio interviene e sospende l’atto del sacrificio. L’angelo ferma il braccio di Abramo attraverso una parola: “Non stendere la mano contro il ragazzo”. No, non è Dio che lo ha messo alla prova; piuttosto, si può dire che tramite l’evento dell’‘aqedah”, della legatura, Abramo ha rinnovato la propria conoscenza di Dio, ha imparato a conoscere Dio in modo nuovo.

 

Se questa è la sommaria narrazione dell’episodio biblico, Bœspflug offre quello che lui definisce un “trialogo” iconografico, cioè un dialogo tra i tre monoteismi abramitici attraverso le immagini che di questo fondamentale racconto hanno in comune. “Ci è sembrato quindi più significativo – scrive lo storico dell’arte – dare la parola in successione all’arte di ciascuna delle tre religioni abramitiche, valorizzando ciò che è stato privilegiato dai rispettivi artisti, e ciò che quindi emerge dalla narrazione iconica specifica in ogniuno dei tre monoteismi”. L’obiettivo dell’autore è quello di fornire una rassegna il più possibile istruttiva, attraente e stimolate delle immagini artistiche che i tre monoteismi hanno prodotto nel corso dei secoli, e l’obiettivo è pienamente raggiunto. Bœspflug rileva, in primo luogo, come la stragrande maggioranza delle opere d’arte che “il sacrificio di Abramo” ha ispirato (lo denominiamo come fa l’autore probabilmente per distanziarsi dalle denominazioni delle tre religioni) si concentra sul momento drammatico in cui Abramo, sul punto di sgozzare il figlio, viene fermato in extremis dall’angelo.

 

L’itinerario inizia con la legatura di Isacco nell’arte ebraica, dagli affreschi della sinagoga di Dura Europos (Siria, 240) che inaugura la storia di questo soggetto nell’arte dei tre monoteismi, passando per la miniatura del Pentateuco di Ratisbona  (1300 circa), fino a Marc Chagall che in tre successivi dipinti ha raffigurato la scena stabilendo,  in modo discreto ma indubbio, un legame tra la legatura di Isacco e la “legatura” di Cristo che porta sulle sue spalle la croce.

 

Gli artisti musulmani, che vivevano peraltro in un contesto ostile all’arte figurativa, appartengono alla tradizione timuride e realizzano delle miniature soprattutto in Iran e Turchia, dal periodo medioevale ai nostri giorni. La legatura di Isacco-Ismaele è rappresentata con una vicinanza affettuosa, al tempo stesso intima e impetuosa tra il figlio inginocchiato di fronte al padre pronto a sgozzarlo.

 

Nell’arte cristiana – la più iconofila dei tre monoteismi – il soggetto è di una “prodigiosa ricchezza e sorprendente varietà”, e per questo gli è consacrata la parte più ricca ed estesa del volume. Il numero di immagini del sacrificio di Abramo prodotte da artisti “cristiani” supera ancora oggi di gran numero il numero di produzioni ebraiche o musulmane dello stesso soggetto.

 

La più antica raffigurazione muraria cristiana di Genesi 22 si trova nella catacomba romana di San Callisto datata verso la metà del III secolo. La Chiesa di Santa Sofia a Ocrida (XI sec.) custodisce uno dei pochi dipinti dell’arte orientale che raffigura tutte le fasi dell’episodio biblico. Si susseguono il trittico del fiammingo Cornelis Engebrechtsz (1510 circa), le ben note tele del Caravaggio e di Ruben, per giungere all’ultima opera in ordine cronologico, quella di François-Xavier de Boissoudy del 2017.

 

Con questa opera François Bœspflug traccia appieno l’apporto unico e originale dell’arte nel raffigurare la centralità del patriarca Abramo nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam, rappresentandone iconograficamente la totale obbedienza a Dio come quella forma peculiare di fede che sta a fondamento dei tre monoteismi. Prima Abramo contava su Dio come partner affidabile, ma dopo la legatura di Isacco sperimenta la presenza di un Dio nel quale deve credere anche nella piena oscurità, anche quando di lui non capisce nulla. Dal Dio su cui può contare, di cui può disporre, passa gradualmente al Dio che dispone di lui.