Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

La tentazione di guardare Abramo e non vedere che c’è Sara

12/04/2025 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2025,

La tentazione di guardare Abramo e non vedere che c’è Sara

La Stampa

Il saggio di Laura Verrani sulla domanda memoriae che colpisce le donne del Vecchio e Nuovo Testamento

La Stampa - Tuttolibri - 12 aprile 2025

 

di Enzo Bianchi

Anche quest’anno a Pasqua non ci si ricorderà abbastanza che quel mattino Gesù si è mostrato vivente a delle donne. La fede pasquale è stata annunciata prima di tutti alle donne sue discepole: proprio loro sono state apostole per gli apostoli. Sì, le prime testimoni della resurrezione sono donne, a dire che i vangeli raccontano la nascita della fede nella resurrezione di Gesù da parte delle donne.  

 

Alla morte in croce di Gesù le donne discepole venute dalla Galilea erano presenti e dunque testimoni. Le discepole hanno sempre seguito Gesù con continuità e perseveranza fino alla sepoltura, a differenza dei discepoli che hanno abbandonato Gesù nell’ora dell’arresto al Getsemani. Proprio queste donne, e solo loro, sono rimaste fedeli al maestro nella cui sequela erano state coinvolte, dunque solo loro possono essere testimoni della passione, morte e sepoltura di Gesù, sepoltura degna di un uomo giusto, non di un malfattore che non la meritava e per questo finiva in una fossa comune. Nel loro stare con Gesù non c’è interruzione tra la sua morte e la sua resurrezione.

 

Proprio alle donne discepole è riservata la prima testimonianza della vittoria di Gesù sulla morte: ciò che umanamente è incredibile, inaudito e indicibile, è un annuncio affidato alle donne, la cui testimonianza era considerata dagli uomini del tempo giuridicamente non valida. Ma sull’annuncio pasquale fatto alle donne e dalle donne è da subito calato il silenzio! Il loro racconto è dimenticato, il loro primo annuncio della resurrezione non è più citato. Lo stesso avviene in quello che cronologicamente è il primo annuncio (kérygma) della resurrezione a essere messo per iscritto, da parte di Paolo: “Cristo … risorto il terzo giorno secondo le Scritture, apparve a Cefa e quindi ai Dodici; in seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta”. Dove sono finite le prime apparizioni, quelle alle donne? Nella storia scritta dagli uomini sono decisivi cinquecento fratelli dei quali non si sa nulla, e non le donne discepole, delle quali si conosce il nome e il loro essere state con Gesù!

 

Non si dimentichi che Celso, il filosofo pagano che alla fine del II secolo farà un’aspra polemica contro il cristianesimo, rimprovera alla fede cristiana proprio di essere fondata sulla parola delle donne (cf. Origene, Contro Celso II,55)! C’è un significativo parallelismo con quanto si legge nel vangelo secondo Marco: i nemici, e non i discepoli, si ricordano della verità! I discepoli hanno dimenticato sia la promessa-profezia della resurrezione, sia l’annuncio della stessa fatto dalle donne. Eppure resta incancellabile dai vangeli ciò che è avvenuto.

 

È vero che i nomi delle donne testimoni della resurrezione mutano nei tre vangeli sinottici, ma tra di esse vi è sempre Maria di Magdala, diventata nel quarto vangelo la discepola rappresentativa di tutte le altre, e questo è certamente segno dell’importanza che ella aveva nel gruppo degli apostoli e nella memoria della Pasqua di morte e resurrezione di Gesù.

 

Maria di Magdala alla tomba nel giorno di Pasqua è la figura centrale dell’ultimo libro di Laura Verrani dedica alle donne della Bibbia, Libere, Le audaci donne della Bibbia, edito da San Paolo. Laura Verrani è una studiosa di teologia che da più di vent’anni si occupa di catechesi biblica nella diocesi di Torino. Nel 2022 ha pubblicato Lo scisma emerso, Conflitti, lacerazioni e silenzi nella Chiesa del Terzo Millennio, nel quale, insieme a Francesco Antonioli, ha offerto riflessioni stimolanti a partire da fatti e situazioni concrete della vita della chiesa. In questo libro Verrani ha la capacità di trarre dal mondo femminile della Bibbia una lezione per l’oggi. Ci si dimentica che non fu solo Abramo a lasciare l’antica città mesopotamica Ur dei Caldei per incamminarsi verso la terra promessa, ma insieme a lui partì anche la moglie Sara, sua compagna in una storia di sterilità senza erede e dunque senza futuro. Neppure Abramo capisce che niente di tutto quello verso cui sta andando avverrà senza Sara. La vecchia e sterile Sarà, feconda nel sorriso, partorirà Isacco, il figlio della promessa e il nuovo inizio non sarà senza di lei, senza le donne. “Pensare solo al maschile – commenta Verrani – come se Abramo fosse l’unico interlocutore affidabile di Dio che promette cose impossibili ma tanto desiderate, è un rischio e una tentazione che attraversa secoli e genera atteggiamenti scontati e talmente radicati da non essere neanche percepiti”. Si cammina verso un compimento possibile insieme a Sara e alle donne anch’esse eredi della promessa.

 

E poi le sfide delle donne dell’Esodo: le levatrici Pua e Sifra che hanno il coraggio di dire in faccia al faraone che le donne ebree sono più veloci a partorire di quelle egiziane perché sono “piene di vitalità”; grazie allo sguardo di Miriam il fratello Mosè resta unito al suo popolo; la figlia del faraone disobbedisce al comando del padre e salva quel bimbo ebreo dalle acque del Nilo, gli dà nome Mosè (salvato dalle acque) e lo cresce come un figlio. Queste lavoratrici, principesse, schiave, “in comune hanno l’essere donne, e la quotidiana normalità in cui si muovono libere, nonostante l’Egitto, nonostante il faraone”. Certo, sarà Mosè a liberare Israele dalla schiavitù d’Egitto ma sono queste donne che, ostacolando il potere tirannico, pongono le condizioni della liberazione, “con le loro idee chiare sulla stupidità di uomini ubriachi di un potere insensato, da non ascoltare neanche per sbaglio”.

 Laura Verrani presenta poi altre figure di donne della Bibbia libre e audaci. Noemi e Rut, le donne capaci di ripartire dal nulla, e poi la vedova di Sarepta che libera la profezia, e ancora Giuditta che costringe ad andare oltre gli stereotipi. Dai racconti dei vangeli sceglie Maria ed Elisabetta le donne che danno inizio all’evangelo, la donna curva che sa rialzare la testa, la Samaritana assetata di vita, Marta e Maria libere di essere discepoli. Ma ecco, Maria Maddalena che rappresenta tutte le donne discepole di Gesù e, in qualche modo, è la donna delle donne della Bibbia.

Nel vangelo secondo Giovanni la Maddalena è la sola donna a recarsi al sepolcro, è lei che per prima incontra il Risorto che la chiama per nome “Maria!”, ed è lei per prima andrà ad annunciare agli apostoli “Ho visto il Signore!”. Per Laura Verrani “sarebbe ora di non trattenere più la Maddalena davanti alla tomba, dove si vorrebbe ricordarla soltanto in lacrime, mettendo a tacere la voce della sua testimonianza pasquale”. E aggiunge: “Dopo due millenni, dobbiamo imparare a fidarci di lei e della potenza dell’annuncio pasquale delle donne. Si tratta di capire e decidere di quale fede vogliamo vivere: se ci bastano il passato e qualche benda”.

 

Questo è un libro liberante che ricorda come sia sempre più necessario che la chiesa, le chiese senza paura riscoprano il mondo femminile della Bibbia e tornino a ispirarsi alle parole e al comportamento di Gesù verso le donne, assumendone i pensieri, i sentimenti, gli atteggiamenti umanissimi e, nello stesso tempo, decisivi anche per la forma della comunità cristiana e dei rapporti in essa esistenti tra uomini e donne.