Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Voler vivere spiritualmente è proprio dell’uomo, anche ateo

07/06/2025 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2025,

Voler vivere spiritualmente è proprio dell’uomo, anche ateo

La Stampa

Romano Màdera sostiene che la spiritualità è “laica” secondo l’etimologia “laòs”, appartiene al popolo

La Stampa - Tuttolibri - 07 giugno 2025

 

di Enzo Bianchi

È possibile vivere una vita spirituale senza credere in Dio? Sì dà vita interiore al di fuori di un credo religioso? Esiste una spiritualità “laica”? Negli ultimi anni queste domande attraversano la riflessione di molti pensatori, filosofi, scrittori, artisti. Basti pensare a un fenomeno come Torino spiritualità, un appuntamento che, al di fuori di ogni Chiesa o religione, dal 2005 per merito della Fondazione Circolo dei Lettori è uno spazio di incontri, dialoghi, lezioni e letture per crescere insieme attraverso il confronto tra coscienze, l’incrocio di fedi, culture e religioni provenienti da ogni parte del mondo e coinvolge ogni anno migliaia di persone.

Sì, la vita spirituale è un’esperienza che appartiene a ogni uomo e ogni donna. Non è monopolio dei credenti o dei cristiani: ogni uomo, ogni donna vive una dimensione interiore, vive “spiritualmente”, cioè vive con una consapevolezza, una coscienza, un pensare, una ricerca che è propria dell’essere umano e trascende la natura animale. La vita interiore o spirituale è una dimensione dell’esperienza umana in quanto tale, nella quale si decide e si cerca il senso della vita.

 

Ogni essere umano sa che è venuto al mondo, è cresciuto, si è umanizzato interrogando, ponendo a chi era già nel mondo delle domande, dei “perché”, e poi ponendo queste stesse domande a sé stesso, nel corso della propria crescita. Ognuno di noi, come se possedesse una fiducia originale nella vita, è cresciuto cercando, si è costituito anche facendo domande. È ponendo e ponendosi domande, fin dalla fanciullezza, che un essere umano viene al mondo, si colloca nel mondo e trova dei riferimenti per sapere ciò che lui è e vuole essere. Ecco, così è nata in ciascuno la vita spirituale o vita interiore, che abbiamo potuto sviluppare consapevolmente oppure lasciare in una dimensione minima, senza custodia, schiacciata da “quell’omologazione dell’intimo cui tendono le società conformiste” (Umberto Galimberti), fenomeno sociale che ammorba l’atmosfera in cui viviamo.

 

C’è vita spirituale quando non ci si lascia vivere, quando non si permette ad altri di decidere e pensare per noi, quando non ci si accontenta di certezze già confezionate ma si è capaci di aprirsi alle domande poste dalla vita, alla domanda di senso e si è disposti, anche a fatica, a tentare di dare una risposta personale. Una vera vita umana deve sì avvenire nella comunicazione con gli altri, ma non deve essere debitrice di soluzioni che gli altri trovano per noi: no, ognuno è chiamato a trovare in sé, in un cammino di vita interiore, la fonte del senso.

 

Si deve affermare con chiarezza che la vita spirituale o interiore non è una vita contrapposta alla nostra vita materiale, alla nostra esistenza quotidiana; anzi, è una vita vissuta nel corpo, nella storia, nell’umanità senza possibili evasioni o esenzioni: è un modo di pensare, di sentire e di agire concreto, con gli altri e tra gli altri. Insomma, senza la vita interiore non si dà alcun cammino di umanizzazione: solo proporzionalmente allo sviluppo della vita interiore c’è la possibilità di costruire la propria personalità, di trovare senso e significato nella vita, di giungere a una soggettività responsabile e autonoma.

           

Anche Romano Màdera si è posto la domanda se sia possibile vivere la vita spirituale al di fuori di una religione. Vi risponde con un saggio che merita di essere letto, anzi lentamente meditato: Una spiritualità laica. La vocazione a essere finalmente umani, edito da Bollati Boringhieri. Romano Màdera, già professore ordinario di Filosofia Morale e di Pratiche Filosofiche presso l’Università di Milano Bicocca, è filosofo e psicanalista di formazione junghiana e saggista. Gli scritti di Màdera sono un contributo significativo al cammino di umanizzazione, all’apprendimento della difficile arte di vivere.  

            

In Spiritualità laica, Màdera mostra come in ogni essere umano la dimensione spirituale, intesa soprattutto come ricerca di senso, abbia radici profonde nell’esperienza umana, e per questo “la spiritualità non è e non può essere, monopolio di nessuna Chiesa e di nessuna religione”. Per capirlo occorre superare la sterile contrapposizione, tipicamente italiana, tra “laicismo” e “cattolicesimo”, che ha come esito un grosso equivoco sul significato di laicità. Con l’aggettivo “laico” Màdera indica una spiritualità che attraversa le religioni e ogni via di senso, di orientamento profondo della vita da parte di chi non è religioso, di chi è agnostico e ateo: “voglio dunque parlare – reclama Màdera – anche della spiritualità degli atei: le spiritualità di tutti gli umani che cercano il bene e che per questo si mettono in ascolto del soffio dello spirito”.

            

Sulla scia del vangelo di Giovanni, “Il vento soffia dove vuole ma non sai da dove viene e dove va”, come anche di Buddha, “Se desiderate conoscere il divino, sentite il vento sul viso e il sole caldo sulla vostra mano”, Màdera sceglie la metafora del vento come immagine di una forza che trascina, che travolge senza poter essere creata e controllata ma che si manifesta come forza vitale, dinamica, come un modo di stare al modo, come modo di ascoltare e di ascoltarsi. “Per questo ritengo di poter chiamare ‘Spirito’ anche la potenza dinamica della ricerca di senso della vita”. Questo porta Màdera a sostenere che la spiritualità è laica nella sua essenza, è di tutti, appunto è “laica” secondo l’etimo greco, è del λαός, appartiene al popolo. “Ecco dunque la proposta del rovesciamento del senso comune: non è la spiritualità delle religioni la figura più appropriata della spiritualità stessa; al contrario, è la spiritualità ‘laica’ nel suo fondamento esperienziale e concettuale a generare le differenziazioni religiose”.

            

Applicando il metodo biografico Màdera propone alcuni “modelli esemplari”: da Nietzsche a Jung, e poi Ernst Bernhard e Roberto Calasso, proseguendo con il monaco buddista Thích Nhất Hạnh, il monaco cristiano Thomas Merton e Martin Luther King. Ma anche Adriana Zarri, Giovanni Vannucci, Raimon Pannikar, fino all’ardita commistione di ateismo e mistica di Rosa Luxemburg. Attraverso queste figure, Màdera mostra che ricerca di senso, ricerca del bene, ricerca della felicità, sempre presenti in ogni itinerario spirituale, non possono consistere soltanto nella cura e nella realizzazione di sé stessi: una vita spirituale vissuta individualmente, in modo intimistico non può aiutare l’umanizzazione! Solo chi si sente in relazione con gli altri, chi cerca la comunione con gli altri, chi non si vergogna di chiamare tutti fratelli è capace di percorrere con fecondità il cammino spirituale, che è sempre un cammino umano, cioè di un uomo, una donna appartenente all’umanità. Se uno volesse fare un cammino spirituale fuggendo gli altri, o addirittura disprezzando gli altri, sarebbe condannato a un autismo psicologico in cui non c’è spazio né per la creatività né per una vera crescita umana e così realizzare “la vocazione a essere finalmente umani”.