Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo

04/11/2007 00:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2007,

L'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo

Famiglia Cristiana

Pubblicato su: Famiglia Cristiana - 4 novembre 2007

 

di ENZO BIANCHI


Perché i cattolici italiani leggono così poco la Bibbia e gli stessi vangeli? Quale figura di cristiano 

La fede non può essere misurata: analisi sociologiche, inchieste, sondaggi possono cogliere solo elementi esterni e parziali di vissuti che restano inattingibili. Ma la ricerca che rileva che il 69% degli italiani non ha mai letto i quattro vangeli, che solo il 15% li ha letti almeno una volta nella vita e che il 58% ha letto almeno un libro nell’ultimo anno, lascia sgomento chiunque abbia a cuore la qualità della vita cristiana e la trasmissione della fede alle nuove generazioni. I dati lasciano attoniti soprattutto se si pensa che la maggioranza di queste persone si dice “credente” e il 17% anche praticante. Ciò dovrebbe far riflettere quanti oggi continuano a leggere come fortemente positiva la situazione ecclesiale italiana ripetendo che in Italia il cattolicesimo è un fatto popolare radicato nel tessuto della vita della gente e che permea e plasma la vita della maggioranza degli italiani. È certamente vero che il cristianesimo non è religione di un libro, ma è altrettanto vero che solo i vangeli, all’interno della Bibbia, consentono la conoscenza di Gesù Cristo, centro e cuore del cristianesimo sicché, come ha affermato san Girolamo e ripreso il Concilio Vaticano II, “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Non stupiscono, alla luce di questi dati, l’ignoranza di fede che affligge molti di coloro che partecipano all’eucaristia domenicale e l’analfabetismo di fede delle nuove generazioni. Anzi, viene confermato il giudizio impietoso che il Card. Ratzinger dette a suo tempo sugli esiti catastrofici della catechesi nei tempi moderni.

 

La domanda che sorge è: quale figura di cristiano emerge scissa dalla conoscenza di Gesù Cristo e della sua umanità esemplare data dalla lettura e dalla frequentazione dei vangeli? Come si configura un cristianesimo in cui il vangelo non diventa il libro che ispira la vita e i vissuti dei credenti? Sarà un cristianesimo rituale, devozionale, ridotto a fatto culturale o sociale, a fenomeno di folklore o addirittura rischierà le derive della superstizione. È infatti grazie alla lettura personale e diretta della Bibbia, e essenzialmente e in primo luogo, come dice la Dei Verbum (25), dei vangeli, che il cristiano può nutrire la sua fede e irrobustire la sua capacità di testimoniarla. 

 

Ma perché i cattolici italiani leggono così poco la Bibbia e gli stessi vangeli? Certamente va messo in conto il ritardo con cui in Italia la Bibbia ha potuto diventare libro a cui il semplice cristiano aveva accesso diretto, non limitato al solo ascolto delle pericopi liturgiche. I retaggi controriformistici in questo campo si sono fatti sentire fino a un’epoca molto recente, e solo con il Vaticano II le cose sono sensibilmente cambiate. Ma data in mano la Bibbia ai credenti, occorre dar loro strumenti di lettura semplici che aiutino la vita di fede, altrimenti essa resta un libro chiuso. Inoltre oggi molti sentono difficile l’atto stesso della lettura, a fronte della maggiore facilità e immediatezza di accesso ai mezzi audiovisivi; l’efficientismo ecclesiale e il primato sovente accordato nelle parrocchie ad attività organizzative e assistenziali, di animazione e di carità, non favoriscono il radicarsi della lettura biblica come elemento importante nella formazione della fede del cristiano. 

 

Come porre rimedio a questa situazione? Con una predicazione sempre più incentrata su Gesù Cristo e sul vangelo; adempiendo il mandato che il Concilio Vaticano II ha assegnato “ai sacri presuli depositari della dottrina apostolica” (DV 25) di introdurre i fedeli nella conoscenza della Scrittura e massimamente dei vangeli; diffondendo la pratica della lectio divina, della lettura orante della Scrittura che potrà recare alla Chiesa, secondo le parole di Benedetto XVI, “una nuova primavera spirituale”.