di Tomaso Montanari
Gesù non si salva da solo. Gesù non risorge da solo.
Appena vinta la morte, Gesù non ascende al cielo. Non vola dal Padre, e non corre subito nemmeno dai suoi amici, gli apostoli. Egli invece va letteralmente all'inferno, questa terribile prigione perpetua (Pietro 1, 3, 19: «andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione»).
Ne scardina le porte blindate. Le abbatte: le porte dell’inferno non prevarranno (Matteo 16, 18). Vediamo, a terra, tutti i chiavistelli del cancello infernale: distrutti, disarticolati spezzati. Sono i congegni della morte: il peccato e la legge. E sono stati annientati da una legge nuova che non è una legge: ma un amore. Sconosciuto, perché gratuito.
La porta, gettata a terra, schiaccia il diavolo: etimologicamente colui che divide, il divisore. È vinto colui che divideva i morti dai vivi, è vinto colui che divideva i vivi tra chiamati e rifiutati. Ora tutti sono chiamati, senza confini di genere, razza, lingua e stirpe. Senza confini di religione.
E quando Gesù mette piede all’inferno, cosa fa? Stende le sue mani, e prende le mani di Adamo e di Eva. Quell’incontro di mani, quella stretta forte è il primo frutto della resurrezione. Gesù stringe a sé tutto il genere umano, le donne e gli uomini di ogni tempo. Non solo quelli che lo hanno preceduto, ma quelli di tutti i tempi. Gesù non considera un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio (Filippesi 2, 6), e non considera un tesoro geloso nemmeno la sua resurrezione: tende le mani, e condivide subito quella vittoria sulla morte.
La Pasqua è il trionfo di quel salvarsi insieme che don Milani definiva semplicemente ‘politica’. Oggi tutto questo, lo sappiamo, è ribaltato nel suo contrario. Oggi il primo ministro inglese Boris Johnson ha avuto almeno il coraggio di dire apertamente ciò che è tutto l'Occidente pensa: e cioè che se ci salviamo dalla pandemia, ci salviamo grazie all'avidità, al profitto, al mercato. Al denaro. Più o meno tutti gli Stati occidentali lo stanno facendo: e chi, come l'Italia, non lo fa, è perché non ci riesce, non perché non voglia. Ci siamo affidati al grande nemico dell’uomo, il divisore: il diavolo che Gesù identifica col denaro (Matteo 6, 24; Luca 16,13).
Nemmeno la concreta e attuale minaccia di una estinzione di specie ci induce a superare il nostro mostruoso egoismo. La pandemia – lo sappiamo – è il frutto dello scellerato modello di economia che l'Occidente ha imposto al mondo: una crescita infinita per un pianeta finito; le condizioni di vita che imponiamo agli animali, e che tolgono a noi la condizione di umani. È questo l’inferno che abbiamo costruito in terra. Guardato da porte pesanti, da chiavistelli inespugnabili. E ora che quell’inferno minaccia di ingoiare il mondo intero, l'Occidente cerca di risorgere da solo.
Se l'epidemia della spagnola non è ricordata come il flagello mostruoso che fu davvero, è perché la maggior parte dei morti non li fece in Occidente: dove fummo molto più bravi a ucciderci a vicenda con la Prima guerra mondiale. Ma nel resto del mondo, il disastro fu epocale: forse fino a cento (certamente fino a cinquanta) milioni di morti, un’ecatombe che stentiamo financo a immaginare, pur con i nostri quasi tre milioni di caduti per il coronavirus di oggi.
Il mondo povero non scrive la storia, e oggi il copione sembra ripetersi. Ma con una differenza fondamentale, e cioè che le vaccinazioni occidentali potrebbero essere radicalmente vanificate dal ritorno ‘a casa nostra’ delle varianti del virus generate in un terzo mondo abbandonato a se stesso.
Pensiamoci un attimo: se dovessimo finire per il nostro egoismo, se dovessimo morire tutti perché abbiamo pensato a salvarci da soli, chi potrebbe piangere sul nostro egoismo suicida?
Mai come quest’anno, dunque, la Pasqua coincide con la discesa agli inferi del Risorto. La Pasqua è resurrezione di uno che diventa resurrezione di tutti. È salvarsi insieme. È mano tesa a chi è imprigionato nell’inferno che proprio noi abbiamo creato.
Giovanni racconta che, dopo la resurrezione, Gesù si manifestò ai discepoli nel modo più fraterno e commovente: «Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po' del pesce che avete preso or ora”» (21, 9-10). Gesù cucina per i suoi amici, prepara un fuoco sulla spiaggia, e aspetta che tornino dal lavoro. Un’immagine indimenticabile di convivialità e amicizia, che dice, nel modo più forte e insieme più semplice, cos'è che davvero importa nella vita: condividere.
Gesù, vero uomo, avrà imparato molte cose nella sua vita tra gli uomini. Anche che una vita senza arrostire del pesce per i propri amici, una vita (perfino una vita eterna) da solo non è umana, anzi non è nemmeno immaginabile.
Se vogliamo che l’umanità si salvi, dobbiamo essere umani: scardinando le porte degli inferni che noi stessi abbiamo costruito. Gli umani si salvano insieme, risorgono insieme: o non si salvano, e non risorgono.
La Pasqua è la speranza che questo accada. La resurrezione è «la speranza che, nonostante tutta questa ingiustizia che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l’ingiustizia possa essere l’ultima parola» (Max Horkheimer).