La Repubblica - 21 Ottobre 2024
di Enzo Bianchi
È iniziata oggi la quarta e ultima settimana dedicata ai lavori del Sinodo indetto da Papa Francesco sulla sinodalità, ma purtroppo continua un grande silenzio sui lavori, il confronto e l’ascolto reciproco che avvengono tra i membri sinodali nell’aula Paolo VI in Vaticano. Un silenzio che non aiuta il popolo di Dio a sentirsi partecipe di questo evento ma lo pone ancora una volta, nonostante tutti i propositi, in stato di attesa. In questo silenzio non è possibile neppure il conclamato ascolto. Nella comunità cristiana mi chiedono che cosa si sta elaborando ma io non posso dare una risposta. E non solo c’è mutismo sull’evento: come ha osservato una delle poche sentinelle tra i teologi italiani, Severino Dianich, c’è stato tanto invito all’ascolto, ma si può ascoltare solo se c’è chi prende la parola pubblicamente, con responsabilità e discernimento.
Quali sono le attese del popolo di Dio, soggetto primario del Sinodo, che dopo il confronto e il discernimento saranno presentate al Papa come proposte lasciando a lui la libertà e la potestà di renderle indicazioni cogenti per la chiesa? Non sappiamo nulla! A me sembra che un tale modo di procedere spenga ogni possibilità di interesse, già scarso, del popolo di Dio per questo evento, che potrebbe essere una nuova Pentecoste avviando una riforma della chiesa come tante volte ha preconizzato Papa Francesco.
Si tenga poi conto che il popolo di Dio non si interessa di ghiribizzi teologici o raffinatezze spirituali, ma desidera che la vita della comunità cristiana sia segnata da una conversione, da un cambiamento, per essere più fedele al Vangelo. Molti cristiani pensano che si possa vivere la chiesa diversamente, che si possano imboccare vie nuove senza tradire la regula fidei e la grande Tradizione, e che questo mutamento sia urgente per il futuro della chiesa.
L’abbiamo già scritto: guai se questo Sinodo apparisse, come dice il teologo Jesús Martínez Gordo, “un aborto”! La crisi della chiesa è troppo profonda per tollerare ancora delusioni e mancate promesse. Papa Francesco ha voluto un Sinodo che fosse sì sulla sinodalità, ma capace di instaurare la novità di una vita fraterna nelle comunità cristiane, una vita in cui i membri si sentano gioiosamente partecipi di una convocazione che viene dalla Parola del Signore.
Purtroppo non ho visto un’intensa preghiera per il Sinodo come si era avuta alla vigilia del concilio Vaticano II. Certamente, i tempi sono cambiati, ma allora l’evento era capace di suscitare speranza, mentre il Sinodo di oggi sembra un evento di routine, non ciò che ha voluto Papa Francesco. Se le acquisizioni formulate verbalmente dal Sinodo o anche dal Papa non si traducono in procedure giuridiche che riformano l’attuale ordinamento canonico allora risuoneranno come semplici auguri. Oggi in tutte le assemblee sinodali, anche in quella italiana, sia forte la tentazione di pensare troppo ai metodi con cui vivere un’assemblea cristiana, c’è un eccessivo ricorso a un linguaggio stantio, che abbisogna di “icone” per introdurre un tema non sempre in modo legittimo e coerente all’icona evangelica, ci sono troppe espressioni inventate che alla gente non dicono nulla come “i cantieri di Betania”. Infine si pretende che i lavori seguano fasi predeterminate in cui anche la profezia non è dono dell’alto e dono dello Spirito, ma è decisa da noi come potesse essere un’acquisizione.
Ad ogni assemblea sinodale dico: più sobrietà, meno pagine scritte, più serietà. Si rallegrerà non solo il popolo di Dio che è popolo degli umili, ma anche chi ha una vera formazione biblica e venera solo la Parola di Dio, non le fotocopie.