La Repubblica - 28 Ottobre 2024
di Enzo Bianchi
È terminato ieri il Sinodo dei vescovi voluto da Papa Francesco sul tema della sinodalità. È stato un Sinodo molto diverso dai precedenti, con sostanziali innovazioni: in un lungo processo durato più anni è stato praticato l’ascolto dei fedeli, delle chiese locali invitate a esprimere i loro desideri per una riforma della chiesa con parresìa ed estesa libertà. Anche ai non cattolici è stato chiesto di esprimersi, sebbene in realtà questo ascolto non sia avvenuto, come non è avvenuto quello dei tradizionalisti e in parte quello dei giovani. Va anche riconosciuto che per l’inerzia dei vescovi e la scarsa fiducia nel Sinodo da parte dei presbiteri la maggior parte dei cattolici non ha in alcun modo preso parte a questo processo.
Un certo ascolto si è comunque praticato, anche se questo non ha portato ad accogliere alcune domande, a discuterle, a valutarle come si conviene in un Sinodo dove, come recita l’adagio tradizionale, “ciò che riguarda tutti da tutti deve essere trattato e deliberato”.
Resta vero che durante lo svolgimento dei lavori, soprattutto della seconda sessione, appariva sempre più evidente una diversità e una distanza tra le attese: il Papa e coloro che erano deputati alla guida del Sinodo dichiaravano che il fine dei lavori sinodali era la discussione, l’acquisizione e l’affermazione della sinodalità della chiesa, mentre il popolo di Dio si attendeva risposte ad alcune richieste formulate riguardanti la valorizzazione della donna nella chiesa e una visione morale della sessualità che riconosca la nuova antropologia dominante.
Alcuni teologi hanno osservato come il Sinodo rischiasse di essere deludente, “un aborto”, con un esito che non era sopportabile soprattutto per le donne che sarebbero state tentate di lasciare la chiesa, specie nei paesi del Nord Europa, dove le richieste delle teologhe e delle femministe sono attestate da decenni.
Ora è uscito il documento finale approvato dalla stragrande maggioranza dei membri del Sinodo: è un testo interamente dedicato alla sinodalità, approfondita teologicamente e pastoralmente in modo veramente sapiente, che tiene conto delle fonti e interpreta i segni dei tempi perché si possa viverla oggi. Questo documento è un grande recupero del messaggio del Concilio Vaticano II sulla comunione nella chiesa e di questo fatto possiamo veramente rallegrarci. Se questo testo verrà recepito nelle chiese locali, nelle comunità cattoliche, potremo vedere un cambiamento, una conversione che renderà la chiesa più evangelica e più capace di essere luogo di accoglienza, di inclusione, di libertà per tutti gli esseri umani.
Ma va detto con umiltà e parresìa che l’andamento di questo Sinodo ci ha mostrato come il popolo di Dio oggi non sia ancora pronto ad accogliere novità riguardo alla donna nel ministero, riguardo alla morale sessuale e riguardo alla possibilità di presbiteri che vivono il matrimonio. E sono sicuro di poter dire che in queste materie il pastore è più profeta del gregge che con fatica gli sta dietro. È vero: queste vie di apertura non sono state dichiarate chiuse, ma io gradirei vedere più coraggio nel dire chiaramente ciò che si cerca e si studia, senza nascondimenti. Soprattutto vorrei che non si proponessero cambiamenti apparenti e non autentici, che ancora una volta finiscano per collocare la donna in una condizione di minorità, esaltandola solo in apparenza. Vorrei che non si continuasse a dire parole contraddittorie per quanti soffrono la loro emarginazione dalla chiesa a causa del rapporto con la sessualità fuori dal matrimonio.
Papa Francesco assicuri, per quanto può, questa libertà di ricerca e ci basta.