È finito il sinodo della chiesa universale alla fine del mese scorso ed è iniziato il sinodo della chiesa italiana con un’assemblea a Roma di molti delegati delle diocesi. Ma, va detto con chiarezza, salvo i partecipanti e gli addetti ai lavori la celebrazione di questi eventi è passata inosservata, non dico nell’opinione pubblica ma neanche tra quelli che si dicono cattolici o frequentano l’eucaristia domenicale. Significativamente ha destato più interesse una ricerca del CENSIS, “Italiani, fede e chiesa”, che riconferma quello che viene ultimamente ripetuto: continua in modo vertiginoso la diminutio della religione cattolica e della fede, della frequenza ai riti religiosi e la chiesa non è più autorevole. Alcuni presbiteri sono visti con ammirazione e simpatia ma non come pastori della comunità. L’unica voce autorevole resta quella di Papa Francesco che tuttavia non è certo ascoltato per quel che riguarda l’etica cristiana della condivisione dei beni con i poveri, l’accoglienza dei migranti e l’etica sessuale. Giuseppe de Rita, un vigilante intelligente che su questi temi non solo conduce le inchieste ma sa anche leggerle, ci ha sempre messo in guardia sui dati, sempre soggetti a diverse interpretazioni, e ci ha chiesto un discernimento, uno spirito critico nell’incrociarli. Perciò ci impegniamo in una lettura critica dei risultati dell’inchiesta che mettiamo a confronto con altri dati che possediamo per esperienza diretta. Ad esempio: se l’inchiesta rivela un bisogno di spiritualità, di vita interiore, questo dato va collocato in un oceano di indifferenza e per quel che riguarda i giovani, come testifica anche Umberto Galimberti, in un dilatarsi del nichilismo. E poi è venuto il momento di essere seri da parte dei cristiani: la spiritualità cristiana non è questa diffusa attenzione allo star bene con sé stessi, al perseguire sentieri di rappacificazione interiore. Oggi c’è un bisogno di vita interiore che è più che comprensibile nell’attuale contesto di esproprio della propria anima a causa dell’alienazione dominante, ma non è spiritualità cristiana. È una spiritualità “fai da te”, sovente incoraggiata dagli esperti del dialogo tra le religioni verso un sincretismo che sfigura la sequela di Gesù di Nazareth. E sì, molti dicono di pregare perché sono nel bisogno: da sempre, e lo diceva già Lucrezio, la paura e l'angoscia creano gli dei che poi li affaticano con la preghiera, ma non è preghiera autentica cristiana.
Con queste precisazioni non voglio biasimare nessuno ma prendere una posizione chiara di fronte a troppe ambiguità alle quali attingono i cristiani. Certo, nella mia infanzia si pregava molto di più: quando arrivava un temporale per scongiurare la grandine, quando c'era siccità per invocare la pioggia. Ma forse c’era più fede? La preghiera è un mistero che solo Dio conosce per poter essere oggetto di inchieste e valutazioni nostre.