Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Elogio della virtù chiamata fortezza

16/12/2024 14:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2024,

Elogio della virtù chiamata fortezza

La Repubblica

La Repubblica - 16 Dicembre 2024

 

di Enzo Bianchi

È difficile oggi parlare delle virtù. Pensiamo subito a una lettura moralistica, perché non si comprende più la virtù come habitus che fa parte della formazione del carattere. In realtà, la virtù è la dimensione stabile ed evidente degli aspetti più profondi della persona dal punto di vista psicologico, morale e spirituale. Non è una virtù teologale, semplicemente dono dall’alto, ma è qualcosa che si può acquisire con la ricerca, l’esercizio, e dando costanza nel tempo ad atteggiamenti e azioni finalizzate a compiere il bene. Oggi, dobbiamo riconoscerlo, una delle più gravi carenze nella paideia, nell’educazione, è nell’approccio alle virtù. Per questo sovente manca tra i giovani un orientamento dell’esistenza che sia un cammino di umanizzazione.

          Ma tra le virtù alle quali si bada poco, possiamo dire che la fortezza è ancora una virtù, la terza virtù cardinale secondo la tradizione filosofica e teologica occidentale? Forse oggi è misconosciuta perché termine troppo imparentato con “forza”? O forse in reazione a una certa lettura di Nietzsche e del suo “uomo forte”? Eppure in passato la fortezza era considerata la virtù per eccellenza e non era confusa con la forza, vista nella sua ambiguità di generare il bene ma anche il male. Era la virtù “condizione necessaria di tutte le virtù”. Era ritenuta indispensabile per una vita bella, buona, felice, degna di essere vissuta, era sentita come determinante perché senza di essa il bene non è messo in opera. Solo con la fortezza si può firmiter operari, operare in modo saldo, rimuovendo gli ostacoli perché l’azione decisa abbia corso e abbia buon esito. Come si può costruire una famiglia se non c’è questa virtù della fortezza nei genitori e in modo specifico nel padre? I figli che crescono hanno bisogno di sentire e vedere la possibilità di aderire a qualcosa di sicuro, di saldo. E come si può governare una comunità senza essere “forti” di fronte ai marosi che assalgono sempre ogni barca su cui hanno trovato posto uomini e donne? Come si può contrastare la forza che aggredisce e tenta di distruggere senza persone forti che con discernimento sappiano lottare e difendersi? Ed è proprio nella capacità della lotta che la virtù della fortezza deve esercitarsi, nel sustinere, cioè nella resistenza anche lunga e faticosa.

          Il contrario della persona forte non è il pauroso ma l’impotente, che nella sua paralisi ad operare lascia fuoriuscire la violenza che lo abita per rovesciarla fuori di sé. Proprio per mancanza di fortezza diventerà un traditore lasciando agli altri il lavoro sporco e nascondendo così la sua incapacità anche a opporsi alla persona forte su cui ha uno sguardo invidioso. Il forte è dotato di coraggio, sa vincere la paura presente in lui e nel dominio di sé mostra che il suo ideale è non solo creduto ma vissuto anche a caro prezzo e talvolta fino alla morte.

          Dove manca la fortezza fiorisce l’omertà, si omette e non si pratica la cura e l’incontro con i malati contagiosi, la giustizia non può essere esercitata per l’arroganza di chi possiede potenza e forza, il silenzio complice di chi non vuole vedere vince su ogni compassione. Troppi elogi della fragilità vengono fatti e celebrati oggi ma la fragilità è un grido che chiede aiuto, cura, interessamento di persone forti, non di persone compiacenti e complici della diffusa astenia.

          Vorrei infine ricordare come la virtù della fortezza sia il fondamento della speranza. Perché colui che sa sperare lo può fare tenendo i piedi su un terreno solido per poi lanciarsi in avanti, può sperare sul fondamento di cose certe e mai da solo ma insieme agli altri.