Un altro anno finisce. Non è forse anche questo terminare degli anni una memoria che per noi umani, che i greci chiamavano “mortali”, tutto finisce? Sì, per chi ha avuto una vita lunga come la mia ed è entrato nei faticosi ottant’anni non è una novità il finire di impegni, di lavori, di rapporti...
E così con questo testo di oggi termina la mia rubrica “Altrimenti” su questo giornale.
Sono stati sette anni veramente interessanti e soddisfacenti perché quasi ad ogni articolo numerosi tra voi lettori reagivano scrivendomi o commentando o ripubblicando l’articolo per gli amici. Sono molto grato ai direttori di Repubblica che mi hanno offerto questo impegno anche perché risultava essere una voce “altra” rispetto a molte altre presenti sui quotidiani. Un cristiano, un monaco, che con una certa distanza dalla vita del mondo osserva, pensa per poi condividere diversi pensieri preoccupato di dialogare anche con i non cristiani. Perché ciò che mi interessa è l’umanità, quella reale che s’incontra qui e ora sulle diverse strade percorse insieme.
E mi sembra, ma forse è solo la vecchiaia che rende capaci di vedere certe realtà, di aver accompagnato in questi sette anni un mutamento più accelerato nella società e nella chiesa. Ho osservato una serie di eventi catastrofici inattesi: dal dilagare della pandemia, all’acuirsi della crisi culturale in Europa, dalla rinascita della seduzione della guerra, al naufragio della cristianità fino a rischiare di essere ridotta a patrimonio culturale nel nostro occidente.
Il paesaggio umano e religioso è molto cambiato, un mutamento che sembra destinato a continuare ancora. Di questa mia lettura pensata e confrontata ho dato segni nei tanti articoli pubblicati. Ho piena consapevolezza di essere stato a volte duro, radicale, soprattutto quando me lo imponeva il Vangelo, ma in questo caso il primo a sentirmi ferito ero proprio io. Per questo spero di non aver offeso nessuno, anche perché da vecchi occorre essere disarmati per andarsene in pace.
Certamente scriverò ancora per rendere palese una parola a favore degli ultimi, degli oppressi, dei perseguitati, dei bisognosi e per continuare a ripetere che una chiesa “domina” non sarà mai la comunità che Gesù aveva in mente: una chiesa spoglia di ogni potere che chiede ai cristiani solo di credere al bene, alla giustizia, alla bellezza, all’accoglienza di tutti. Osservare una chiesa che è sempre più debole nella fede, senza una parola autorevole da parte dei pastori che faccia risuonare il Vangelo, che celebra liturgie sovente non più cristiane e non solo sbiadite, fa molto male al cuore dei credenti. “Sentinella, a che punto è la notte?”: questo il grido che risuona.
E certamente per quel che riguarda la società civile ho scritto che la barbarie avanza a piccoli passi, ma poi è piombata tra di noi e si è imposta con la sua assenza di fiducia, con il rancore, l’egoismo narcisista, sentimenti che hanno ottenebrato ogni orizzonte comune. Ho molta paura per la malattia delle nostre democrazie e l’instaurarsi di regimi autoritari in un’ora nella quale le guerre continuano, si moltiplicano e sembrano non avere altro scopo se non il commercio delle armi. Ma a ciascuno di noi compete una precisa responsabilità e non ci è lecito disertare perché la lotta e la resistenza contro ogni disumanizzazione è ciò che è veramente umano, soltanto umano.
Pensatemi comunque, cari lettori, ogni alba nella mia cella a leggere e pensare, anche con voi.