Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Il diritto di essere se stessi nello Spirito

08/06/2025 00:00

AA.VV.

Testi di amici 2025,

Il diritto di essere se stessi nello Spirito

di Nicola Laricchio

di Nicola Laricchio*

In questi anni di servizio come segretario del Dipartimento Chiese Internazionali, ho imparato a leggere Pentecoste non solo come una pagina gloriosa del passato, ma come una promessa viva nel presente. Ogni incontro con comunità nate dall’intreccio di popoli, storie, accenti e speranze è per me un frammento di quel giorno in cui lo Spirito ha parlato tutte le lingue del mondo, perché ognuna e ognuno potesse sentirsi chiamato per nome, nella propria voce madre.
 

Pentecoste mi ha insegnato che il Vangelo non chiede mai di diventare qualcun altro.
 

Chiede, piuttosto, di diventare pienamente se stessi, nella libertà e nella grazia. Quel giorno a Gerusalemme, il miracolo non fu la cancellazione delle lingue, ma la loro comprensione. Non fu l’imposizione di un’unica identità, ma l’armonia delle differenze riconciliate nello Spirito.
 

Nelle nostre diverse congregazioni, ogni domenica è una piccola Pentecoste. È lo Spirito che crea comunione tra generazioni che faticano a capirsi, tra persone in cerca di un’identità e comunità in cerca di un linguaggio. È lo Spirito che tiene insieme figli e figlie di culture diverse, che convivono, si confrontano, a volte si scontrano, ma continuano a cercarsi e a benedirsi.
 

Non sempre è facile, ma ogni gesto di fiducia, ogni passo verso l’altro, è già opera di Dio.
 

La Bibbia ci offre parole per leggere questa esperienza. Paolo scrive che «a ciascuna e ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per il bene comune» (1 Cor. 12). Questo significa che non c’è bisogno di uniformarsi per appartenere. Ognuno ha qualcosa da dare, e ognuna ha il diritto di essere accolta così com’è. Nella comunità di Cristo non esistono identità superiori o marginali: siamo un solo corpo proprio perché siamo molte membra.
 

E in Galati 3 leggiamo: «Non c’è più Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio e femmina». Questo non è un invito a perdere ciò che siamo, ma un annuncio potente: nessuna identità può essere usata per escludere o dominare. Nella Chiesa dello Spirito, ogni barriera sociale, culturale, religiosa o di genere viene trasfigurata. La dignità battesimale precede ogni altra appartenenza.
 

L’Apocalisse ci regala un’ultima immagine: una moltitudine immensa «di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» che adora Dio insieme. È il compimento della Pentecoste: non un coro in una sola lingua, ma una sinfonia di voci, in cui la differenza non è cancellata ma trasfigurata nell’amore.
 

Viviamo in un tempo che fa fatica a riconoscere la complessità. Che spesso chiede di scegliere tra identità e appartenenza, tra autenticità e comunione. Ma lo Spirito ci mostra una via diversa: una comunità dove essere se stessi è non solo un diritto, ma una vocazione. Dove ogni differenza può diventare dono, ogni voce può arricchire il canto comune.
 

Pentecoste non è un’eccezione irripetibile, ma il cuore pulsante della Chiesa. E ogni volta che una persona trova uno spazio dove poter parlare la propria lingua, raccontare la propria storia, essere chiamata per nome senza dover rinunciare a ciò che è: lì, Pentecoste accade di nuovo

* in “Riforma” – settimanale delle chiese evangeliche battiste metodiste e valdesi – del 6 giugno 2025